domenica 22 febbraio 2009

diario politico

Devo dire con non mi viene facile conciliare pensieri e scrittura, i primi quasi per intero dedicati al nuovo contratto della stagione, con Is Mascareddas, lavorerò all'organizzazione perché non mi vogliono più tra gli operai e devo imparare un sacco do cose rispetto a quelle che conosco, lasciano uno spazio molto ridotto alla riflessione politica. Seguo con attenzione le vostre, ma mi pare che non ci siano grosse novità. E' da quando ho aperto questi fogli che vi quotate a vicenda su questioni per lo più amene, penso al lavoro di Bersani o al leader contemporaneo questo sconosciuto. La faccio breve anche per dare il meritato spazio al contributo alla discussione sul puc di Roberto, che per il direttore si vale il Pulitzer.
Buonanotte

È da un po' che mi sono ripromesso di buttar giù qualche pensiero riguardo a queste linee guida sul Piano Urbanistico Comunale. Si, perché c'è qualcosa che devo proprio dire. Premessa (tanto per dare il giusto senso alle cose: io non ho mai redatto un piano urbanistico e il fatto che abbia frequentato i testi non fa di me un esperto, ma al più, per ora, un orecchiante, un cittadino orecchiante.

Non voglio intervenire sulla generalità delle scelte strategiche maturate fino a qui. Non ancora almeno, anche perché quando eventualmente dovessi farlo, non vorrei essere solo, perché sarà un lavoro titanico, forse anche più complicato della redazione stessa del piano e necessiterebbe di molte competenze e di molti punti di vista diversi. Due cose però, peraltro strettamente connesse, hanno subito attirato la mia attenzione: la volontà di traslare il percorso della SS. 130 e l'idea di panificare un'area residenziale a carattere estensivo secondo i principi della città giardino. La città giardino? Sinceramente ho avuto un sobbalzo. Seppure fosse stato trattato con la organicità necessaria (e non lo è stato), pochi principi sono così antistorici come quello della città giardino. Può essere utile definire il contesto che ha visto sorgere (e tramontare) il movimento delle città giardino: Inghilterra, fine del XIX secolo. La prima (! - oggi saremmo nel pieno della terza) rivoluzione industriale sconvolge le città, centinaia di migliaia di contadini lasciano le campagne per andare a vivere, in condizioni pessime, vicino alle fabbriche, che sorgevano senza alcuna pianificazione proprio dentro le stesse città. Gerarchie, dimensioni, strutture e rapporti consolidati che consentivano la lettura e la fruizione di quelle città furono spazzati via. Di fronte alla febbre caotica che colpì le città (come organismi sotto l'attacco di un batterio sconosciuto quali erano le fabbriche), nella concitazione per la ricerca della cura, alcuni teorizzarono e l'ordine e la bellezza estetica delle Città giardino. Non solo la storia, ma anche la cronaca, disse subito che quella "cura" era però sbagliata: "Si può calcolare facilmente che se questo sviluppo estensivo diventasse la regola, entro un certo periodo di tempo ci sarebbe poca vera e propria campagna disponibile. Questo fatto sta iniziando ad essere noto, ci sarà una reazione contro questo modo di edificare...", vedete, se ne era già accorto Trystan Edwards ed era il 1913. "Un razionale sviluppo della città è concepibile, quando tutti gli abitanti risiedono in una casa di proprietà con giardino? Io credo di no" sosteneva Walter Gropius nel 1930, durante i lavori del III CIAM. Ora io mi chiedo: ma è possibile che un principio sintetizzato per un contesto spazio-temporale tanto diverso, che pure attuato in tutta la sua ampiezza è fallito, possa essere adatto per essere attuato, per pezzi, ad Assemini, nel pieno della terza rivoluzione industriale e possa rivelarsi utile e vantaggioso? Beh, credo che sia legittimo porsi qualche dubbio. Ma, entrando nel merito, vediamo per cui ritengo sbagliata questa proposizione anche sotto il profilo ambientale, economico, sociale, metodologico e scientifico.

Ambientale perchè è ormai chiaro a tutti che la qualità della vita dipende dal tipo di equilibrio che raggiungiamo con l'ambiente che ci circonda e il consumo del suolo è uno dei maggiori pericoli per il precipitare di questo equilibrio. Il contatto con la natura che tanto ci manca non dobbiamo raggiungerlo continuando ad antropizzare nuovi territori, ma rinaturalizzando quelli che abbiamo già compromesso. Se volete approfondire questo aspetto vi invito a fare una rapida carrellata delle foto aeree dettagliate di Google Hearth di Assemini, Il Cairo o Città del Messico e poi di Stoccolma o Amsterdam e vedete a cosa siamo più vicini.

Sotto il profilo economico il consumo a carattere estensivo di nuovo territorio per l'edificazione presenta un rapporto tra costi e benefici assolutamente svantaggioso, con maggiori costi di costruzione unitari, maggiori costi di conduzione degli edifici, creazione di ricchezza fittizia (perchè è la stessa cosa che vendersi l'argenteria di famiglia) e poco mobile, concentrata nelle mani di pochi e con la creazione di posti di lavoro limitati alla sola fase costruttiva. Senza considerare che il ricorso continuo alle nuove edificazioni disincentiva la capacità imprenditoriale di chi possiede i mezzi, venendo meno a una importante funzione sociale. Inoltre è bene considerare che, con le attuali tendenze, l'agricoltura riacquisterà sempre maggiore centralità e non si comprende per quale motivo dobbiamo depauperare la risorsa (limitata!) più importante per poterla esercitare.

Dal punto di vista sociale mi pare inopportuno sostenere la volontà di creare un sobborgo che incarni la good town, in contrapposizione con tutto il resto, la bad town, un dentro e un fuori. Un sobborgo che tra l'altro sarebbe solo una rappresentazione estetica del bel vivere, e molti dei guai della nostra società derivano proprio dalla preminenza dell'estetica sui contenuti.

É contestabile anche il metodo con cui tutto ciò è stato presentato, perché appare una proposta inorganica e sganciata da qualunque strategia, ammesso che ce ne sia una, sembra un episodio isolato privo di prospettiva. Il principio delle città giardino era un principio totalizzante, riguardava la strutturazione dell'intera città, perché voleva riformare l'intera vita. Così, utilizzato per pezzi, non è nulla, è un vuoto estetico (di carattere tutto da verificare, peraltro) appunto, ma qui dovremmo fare governo del territorio ed ogni scelta deve essere ponderata, necessaria e valutata in tutti i suoi aspetti, non si può fare qualcosa così, tanto per fare, magari perché non si sa dire di no a qualcuno.

È poi sbagliata dal punto di vista scientifico perché è necessario segnalare che dai tempi di Gropius, la disciplina ha continuato a dibattere e studiare e oggi la frontiera, il tema in discussione è incentrato, manco a dirlo, proprio sulla limitazione al consumo del suolo e sulle metodologie per conseguirlo. Lo dico brutalmente: oggi, quando si mette mano alla pianificazione urbanistica per il governo di un territorio e di un ambiente, non è detto che si debba pianificare il consumo di nuovo territorio, e se lo si deve fare, lo si fa in estrema ratio. Anzi la sfida deve essere proprio quella di riuscire ad evitarlo. Questo, che ci piaccia o meno, è il tema che la storia ha consegnato a noi e al nostro tempo. Noi siamo i primi perfettamente consapevoli degli effetti delle azioni umane sull'ambiente, siamo i primi a incominciare a vedere le conseguenze di questi effetti e ad essere consapevoli che siamo molto vicini al punto di non ritorno. A noi la scelta sul futuro che vogliamo trasmettere a chi ci seguirà, ammesso che gliene vogliamo lasciare uno. A noi la scelta di giocare apertamente la sfida che ci è stata assegnata, oppure girare la testa, ignorare di sapere quello che sappiamo e agire come se stessimo vivendo trenta, quaranta o anche 150 anni fa, come sembra che qualcuno voglia fare.

Strettamente connessa con la volontà di creare un pezzo di città-giardino è quella di traslare il tracciato della SS. 130. Le logiche mi sembrano più o meno le stesse che animano l'idea della città giardino, anzi direi che l'una diventa causa e giustificazione dell'altra. L'attuazione di questa ipotesi, oltre al tracciato, traslerebbe anche il problema, ma di sicuro non lo risolverebbe. Lo stiamo solo trasferendo ai posteri. Vogliamo provare a disegnare lo scenario prossimo nel caso in cui si attuino queste due proposizioni? Il centro abitato, inizialmente si espanderebbe verso la nuova 130, con una bassa densità edificatoria, ma nel tempo, a seguito di una crescente spinta della domanda, sarebbero aumentati gli indici, fino ad uniformarli con quelli del resto del centro abitato, per arrivare a replicare la situazione odierna, ma essendoci giocati una gran fetta della risorsa più importante: il territorio. Credo invece che si debba seriamente pensare ad attrezzare adeguatamente il tracciato della SS. 130 per garantire la sua compatibilità con gli edifici limitrofi. Con barriere al rumore, per esempio, possibilmente naturali, in modo da garantire anche qualità estetiche e capacità di attenuazione della concentrazione di gas di scarico e magari fare un ragionamento sull'ipotesi di abbassare di qualche metro la quota della attuale pavimentazione (sul modello di quello che ha fatto Barcellona per un tratto della Gran Via). Ma soprattutto non limitiamoci a spostare il problema, ma affrontiamolo e risolviamolo.

Si può essere d'accordo o meno con quanto ho affermato, ma qualunque sia la vostra opinione, io chiedo di entrare nel merito delle cose, così come ho tentato di fare io. Discutiamo, esplicitiamo i pensieri, solo così capiremo il senso delle cose, solo così distingueremo le posizioni strumentali a interessi particolari, e dunque fragili, da quelle discutibili, ma limpide. Non accettiamo in nessun caso proposizioni espresse per slogan, pretendiamo dettagliate motivazioni. Immagino però i retropensieri di chi oggi ha la responsabilità della gestione del PUC, mi pare di sentirle: eh già, oggi che tocca a noi, dobbiamo condividere, prima che toccava a loro, ci hanno escluso. E come dargli torto, avrebbero ragione (a parte che sembra di vedere quelli che litigano su chi debba salire prima sulla scialuppa e intanto la nave affonda). È la verità, fino ad ora ad Assemini non conosciamo il significato della parola "coinvolgimento" nel suo senso più pieno, fino ad ora, chi ha guidato, di volta in volta, ha preferito controllare i procedimenti, ne è stato giudice più che cronista. Forse è anche per questo che ad oggi non abbiamo ancora un PUC. Per quanto possa esserci buona volontà, ho qualche dubbio che l'attuale maggioranza, così variegata possa approvare definitivamente il PUC, per cui credo che sarebbe saggio da parte del PD, iniziare oggi quel lungo processo (che coinvolga tutti i soggetti - politici, cittadini e forze sociali) per la sintesi di un modello sociale ed economico innanzitutto, e per il conseguente assetto territoriale, assumendo fin d'ora l'impegno ad aprire realmente il processo a tutti i cittadini.

Roberto Spina





   

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Buongiorno a tutti, concordo pienamente per il Pulitzer a Roberto, la tua disamina è articolata e soprattutto motivata da conoscenze specifiche e da ragionamenti di lungo respiro. Infatti, io sono uno di quelli che non aveva capito cosa si intendesse per citta' giardino, ma, nessuno me lo aveva spiegato facendo riferimento alla collocazione temporale dell'idea.
Sono curioso di leggere le repliche di coloro che hanno titolarita' e conoscenze pari o almeno vicine a quelle di Roberto.....
Concludo con il dispiacere provato nel vedere la mia Sardegna riconsegnarsi ai soliti noti..
Ho, maturato pero', l'idea che il sogno accarezzato da tantissimi giovani sardi, debba avere un giusto proseguo, e quindi , io per primo , ma anche tutti gli altri della mia generazione, dobbiamo e ripeto dobbiamo, combattere al fianco di chi è riuscito nonostante tutto ad essere diverso e in tanti casi migliore di noi.

Tony Alessandro

Anonimo ha detto...

Buongiorno a tutti, concordo pienamente per il Pulitzer a Roberto, la tua disamina è articolata e soprattutto motivata da conoscenze specifiche e da ragionamenti di lungo respiro. Infatti, io sono uno di quelli che non aveva capito cosa si intendesse per citta' giardino, ma, nessuno me lo aveva spiegato facendo riferimento alla collocazione temporale dell'idea.
Sono curioso di leggere le repliche di coloro che hanno titolarita' e conoscenze pari o almeno vicine a quelle di Roberto.....
Concludo con il dispiacere provato nel vedere la mia Sardegna riconsegnarsi ai soliti noti..
Ho, maturato pero', l'idea che il sogno accarezzato da tantissimi giovani sardi, debba avere un giusto proseguo, e quindi , io per primo , ma anche tutti gli altri della mia generazione, dobbiamo e ripeto dobbiamo, combattere al fianco di chi è riuscito nonostante tutto ad essere diverso e in tanti casi migliore di noi.

Tony Alessandro

Anonimo ha detto...

Non ho il tempo di rispondere a Roberto in maniera articolata ma sono assolutamente daccordo con lui sull'antistoricità della riproposizine della "Città Giardino". Come tecnico e per Rifondazione Comunista di Assemini, sempre se non ci sono problemi per questa mia appartenenza, dò la mia disponibilità. Si può intervenire sul Piano ancora nel momento in cui torna dalla Regione con delle osservazioni, ci si può lavorare sopra prima per essere pronti a presentarle. Vi saluto.

Anonimo ha detto...

dimenticavo sbaglio o questa versione del PUC è stata approvata ad unanimità dal Consiglio Comunale in carica, mi sembra quindi un azzardo chiedere ad un qualunque partito, che ha votato a favore, di ritornare sui suoi passi perchè probabilmente ha già ritenuto valida questa proposta, Città giardino compresa.

Anonimo ha detto...

Se ci si rende conto di aver sbagliato perchè perseverare, io sono uno di quelli che ha votato a favore con molte riserve. Il dramma di questo PD è che si discute tanto del sesso degli angeli e poco di problemi concreti. E dire che non mancano gli esperti in materia. Faccio i complimenti a Roberto per la disamina in attesa di un confronto costruttivo

Roberto Spina ha detto...

Ragazzi, ribadisco, non sono e non consideratemi un esperto, ve lo garantisco io che alcuni di quelli esperti li ho visti veramente. Si tratta però solo di non saltare i passaggi. Ok, un conto è la politica e un conto è la scienza (intesa come metodo scientifico di approccio alla conoscenza), e non è la scienza che deve guidare la politica, però credo sia vero che una buona politica si documenta in maniera scientifica, ascolta molti contributi scientifici e non, valuta, verifica e dopo decide. Anche quì, ad Assemini. L'avreste detto?

Anonimo ha detto...

Mi è piaciuta la dissertazione sulla città giardino.la condivido in toto e ritengo che la cittadina necessiti di una vera "sistemata"nell'urbano che mi pare sia sufficiente come aree Miglioriamo la città urbana,rendiamola una ridente ed armonisa entità (interventi mirati ce ne vogliono tanti).Il futuro ai posteri :condivido l'analisi fatta.Non conviene neppure ai proprietari e io ne sono uno. Preferisco una città giardino del tessuto urbano. Complimenti all'autore. Gianfranco

Roberto Spina ha detto...

I complimenti li merita Lei per la lungimiranza e la capacità di mettere in relazione i propri interessi personali e diretti con quelli generali.
In coerenza con quanto dicevo, segnalo che ci sarà a Cagliari dal 26 al 28 febbraio una di quelle manifestazioni che consentono di sviluppare conoscenze che torneranno utili quando si dovranno prendere decisioni importanti (ed è pure gratis): un seminario internazionale sull'abitare sociale. I dettagli li trovate quì:
http://people.unica.it/abitaresociale/lang/it/
Questa cose succedono spesso, e non ci vedo mai uno straccio di amministratore , se non nei primi dieci minuti di presentazione (tranne Soru, che ad un convegno sullo stato dell'architettura in Sardegna si è sorbito tutti gli interventi e alla fine ha aperto il suo intervento dicendo: da quello che sento credo che dovremmo bloccare tutte le nuove costruzioni per dieci anni....- io adoro quell'uomo), salvo poi sentirli dissertare con leggerezza. Ora non potete dire che non lo sapevate.

Basilio Scalas ha detto...

Credo che sia giusto lasciare la copertina al pezzo di Roberto che è anche il primo commento a quella che nelle pagine del blog Spano risulta sia la posizione ufficiale del Pd. Non ho risposte alla disponibilità di Monica se non di provare a rendere vivo questo spazio di testimonianza.
Buonanotte

Anonimo ha detto...

Contrariamente all’estasi di Basilio, l’idea di affrontare un tema così complesso come lo sviluppo urbanistico attraverso un blog non mi affascina, per quanto ciascuno di noi possa avere capacità di sintesi le problematiche di carattere economico, sociale, finanziario ecc. che sottintendono all’elaborazione di un Puc devono subire la loro elaborazione critica in sedi e tempi in cui le riflessioni possono essere espresse compiutamente, se non a rischio di scadere in sterili valutazioni superficiali.
L’intervento di Roberto stimola tuttavia alcune valutazioni sul concetto di città giardino comparso nelle linee generali del PUC e sui suoi possibili sviluppi
Intanto non demonizzerei completamente il concetto di città giardino in sè, in quanto se e‘ vero che, come tutti i modelli di città ideale teorizzati dagli utopisti, ha incontrato delle difficoltà nella concreta attuazione è anche vero che ha avuto il merito di seminare i germi di alcuni concetti cari alla sinistra eal mondo operaio in generale, doveva infatti essere uno dei mezzi, insieme ad una efficace politica delle aree e ad una rigorosa politica fiscale, per raggiungere quello che dovrebbe essere l'obiettivo principale dell'azione pubblica, cioè la costruzione di alloggi a basso costo per le classi deboli.
Non solo, Howard per esempio, uno dei maggiori fautori di tale concetto, proprio al fine di prevenire e combattere la speculazione edilizia e lo sfruttamento estensivo del territorio ipotizzava dei limiti oltre i quali una città non doveva più aumentare ulteriormente in superficie e popolazione.
Certo dubito che nell’elaborazione delle linee generali del PUC si sia voluto tener conto di questi principi e valori .
Ma tant’è le idee mantengono i connotati originari solo sinchè sono i loro creatori a cercare di metterle in pratica, probabilmente lo stesso Trystan Edwards, richiamato da Roberto, scagliava i suoi strali non tanto sulle idee di Howard quanto su ciò che già allora andava sostituendosi agli ideali originari del movimento.
Immaginiamo infatti cosa sia potuto accadere laddove i limiti all’utilizzo del territorio siano stati scavalcati.
Morale della favola non mi spaventa tanto l’idea che nelle linee generali del Puc si richiami il concetto di città-giardino quanto l’uso distorto che di esso si vorrà fare.
Una delle possibili distorsioni potrebbe proprio essere quella di legittimare una nuova ventata di sfruttamento estensivo del territorio o peggio ancora legalizzare sfruttamenti del suolo già illegittimamente posti in essere.
Obiettivo spesso perseguito attraverso la paventata necessità delle nuove esigenze abitative e della ripresa dell’attività edilizia.
Ma chi ha detto che questi obiettivi si raggiungono necessariamente con uno sfruttamento estensivo del suolo?
Bisognerebbe capire se “è proprio necessario trovare nuove aree fabbricabili o se magari è sufficiente usare bene quelle che abbiamo.”
Diceva bene al riguardo Roberto qualche tempo fa quanto ipotizzava uno sviluppo qualitativo del territorio, “che parta dall’attuazione di politiche di incentivazione all'uso intensivo del patrimonio esistente e non escludendo che la ripresa economica dell’attività edilizia potesse ripartire anche con la ristrutturazioni e il recupero del patrimonio esistente.”
Si tratta di un ipotesi ovviamente non di certezza che tuttavia meriterebbe di essere analizzata.
Anche se mi rendo conto che per alcuni ( non certo la maggioranza dei cittadini) questa prospettiva ha dei notevoli inconvenienti:
costruire è probabilmente dal punto di visto dell’imprenditore e del proprietario terriero economicamente più proficuo che restaurare;
un piano urbanistico improntato prevalentemente sulla qualità degli interventi riduce la speculazione edilizia.

Incovenienti non di poco conto, non si può dimenticare che ad Assemini la Lobby dei proprietari terrieri e degli imprenditori ha avuto sempre un notevole peso politico, capace di condizionare, all’occorrenza con accordi trasversali, i vari governi che si sono succeduti.
E’ forte l’impressione che le divergenze in consiglio comunale sulle questioni urbanistiche siano frutto delle pressioni dell’uno o dell’altro gruppo di potere, si ha la sensazione che le maggioranze che verranno a costruirsi dentro e fuori il consiglio possano essere trasversali.
Appaiono lontani i tempi in cui le posizioni di maggioranza e minoranza erano ben delineate, lo scontro sugli strumenti urbanistici viveva sulla dualità correlata all’indice di edificabilità, la necessità da parte di alcuni di agevolare l’edilizia popolare, la necessità da parte di altri di salvaguardare il potere economico dei latifondisti. Oggi che le cooperative rosse sono scomparse il problema neanche si pone( anzi per la verità non sono scomparse hanno però distorto le loro finalità).
A sinistra e a destra le pressioni forti hanno la medesima finalità e il medesimo obiettivo: il PUC non come strumento di salvaguardia e di sviluppo razionale del territorio ma il PUC come strumento di aggressione edilizia da piegare ai bisogni dei nuovi e vecchi ricchi.

Incuranti del fatto che molti danni al territorio sono già stati causati.
I fatti drammatici di questi ultimi anni non sono solo da ricondurre ad un calamità naturale, ma ad uno sviluppo edilizio non razionale che ha creato violenza ad alcune peculiarità naturali del suolo, alterandone percorsi e vie di fuga, e ignorando i rischi di dissesto idreogeologico.

La mia convinzione è che non a caso Sestu, Capoterra e Assemini hanno un comune denominatore: i danni verificatisi sono conseguenza di uno sfruttamento edilizio del territorio oltre la soglia della sua naturale sopportabilità.

Questo oramai dovrebbe essere il principale argomento di discussione, ma la mia impressione è che tale constatazione, pur essendo ben presente nella classe politica locale, sia vissuta come un prezzo da pagare in nome della salvaguardia degli equilibri politici.
Francesco

Massimo Usai ha detto...

AHAHHAHAH...scusa Roberto, sto ancora ridendo.:)
non del tuo eccellente intervento, ma sto ridendo pensando alle reazione ora nei gruppi politic al tuo splendido e chiaro post. Allora te lo racconto, sono quasi sicuro che la discussione e' stata cosi:
"hai visto l'intervento di Roberto Spina nel sito di Basibi scalllas?"
"Eya, fillu miu me' na chistionau..>! ma chi ni e' Roberto Spina?"
"eeeehhh...dai su fillu di... la' che e' cojau con sa filla di....etc etc.."
"boh!!? Appu cumprendiu, ma su fillu no.>!"...
e poi hanno preparato un'intervento per fare spostare un cassonetto e aperto una discussione infinita su chi ha piu' presenze in commissioni esterne e su chi deve andare al viaggio dell'Anci...!"
Sorry Roberto, but i dont' trust anymore this kind of people...:((((

Roberto Spina ha detto...

Sto ancora sorridendo alla lettura del tuo commento Massimo, hai ragione, credo che il tono sia quello. Però credo anche che ci sia qualcuno che avrà detto:
"Ma cussu chini si creiri di essi..."
"Ma itta oiri dimostrai..."
e poi ci saranno quelli, e sono i più, che il post lo hanno letto, lo hanno capito, e sono rimasti zitti e lo rimarranno, ignorandolo scientemente, di modo che venga dimenticato, perché la brutta abitudine di discutere e confrontarsi apertamente deve essere soffocata e si continui a "decidere" tra pochi, senza spiegare nulla.

Anonimo ha detto...

Rif. Francesco:
finalmente qualcuno che affronta l'argomento PUC oltre che dal punto di vista tecnico anche e soprattutto mettendo in rilievo quelle che sono le VERE motivazioni che hanno portato i nostri amministratori attuali ad approvare uno strumento di questo tipo ( e per questo un plauso a Francesco, che come al solito ha centrato in pieno il punto del problema), infatti quello su cui dobbiamo soffermarci sono proprio gli interessi in gioco di pochi rispetto a quello che è invece l'interesse generale che QUEI POCHI dicono di voler soddisfare.LA DISCUSSIONE DEVE PARTIRE DA QUI, altro che pulizer! Fabrizio

Basilio Scalas ha detto...

Di questo passo si metterà in discussione anche il Nobel.

Anonimo ha detto...

MA NOBEL DE CHE ?
Siete tutti dei poveri illusi...ma zitti e subite !