Epilogo IV: Siamo in volo da una ventina di minuti e mi spiego il motivo per cui tra le molte possibilità scelgo di sedermi nel posto libero di fianco a una copia, Anna e Antonio risulterà dalle presentazioni a fine viaggio. Sono indiscutibilmente italiani, di mezza età e hanno l'aria di chi non vola spesso. Lui per giustificare un innaturale irrigidimento durante il decollo mi confessa che l'unico altro volo della sua vita l'ha fatto da militare, a diciotto anni "ma a quell'età si è un pò matti" aggiunge quasi a volersi giustificare. Anna lo prende bonariamente in giro e io mi sento un veterano dei cieli. Sono di Piacenza e a Londra sono andati a trovare le loro due figlie che studiano medicina li. Il loro apprezzamento misurato per la città e l'assenza dei luoghi comuni che spesso fanno da corollario alle considerazioni degli italiani all'estero li ha resi compagni di viaggio particolarmente piacevoli. Ma il meglio è venuto quando le Alpi si sono liberate con la loro imponenza delle nuvole che fino ad allora avevano steso un moquette di panna sotto di noi. La cosa incredibile per me era che le riconoscevano, quel groviglio di neve e di rocce corrispondeva ai loro occhi a dei luoghi precisi. Avevo in mano il libro del viaggio, forse per esorcizzare il fascino dalla metropoli ho scelto Mauro Corona, un montanaro, scultore, bracconiere, alpinista, boscaiolo, ubriacone e solitario, glielo mostro e loro subito a dirmi che l'avevano conosciuto, erano stati a Erto nel suo polveroso e incasinato laboratorio e avevano visto la diga del Vajont, i segni ancora presenti di quel disastro compresa la traccia anch'essa visibile della frana del Toc. Le nostre divagazioni letterarie finiscono non appena l'aereo perde quota per l'atterraggio, Antonio ricorda la sua paura e di nuovo si irrigidisce, rinuncio all'idea di tenergli la mano per rassicurarlo. Un atterraggio dolce rimette le cose a posto e ci salutiamo prima di scendere. Quando metto piede a Malpensa mi rendo improvvisamente conto che l'ultima sigaretta l'ho fumata a Putney, attraverso l'aeroporto rollandomene una, il box dei biglietti dello Shutle Airport, cioè l'autobus Malpensa-Linate è di fianco all'uscita, lo supero per accendere la cicca. Mi godo qualche tiro, guardo quel brutto posto, ripenso alle storie e le bugie di un paio di anni fa riguardanti il salvataggio Alitalia ma i pensieri vengono interrotti da uno sferragliare di serranda. Il mio box biglietteria alle tre e mezzo è irrimediabilmente chiuso. Il volo da Linate ce l'ho alle otto, non sono preoccupato ma ho capito che devo stare all'erta. Alle quattro prendo, anche qui, l'ultimo posto disponibile nella tratta Malpensa-Stazione centrale, in realtà è un mezzo posto l'altra metà è occupata da un enorme signore cinese che per paura che io ascoltassi la sua telefonata teneva la testa appoggiata al finestrino e il culo obliquo a tenere lontane orecchie indiscrete. Volevo spiegargli che poteva stare dritto, che le lingue straniere non erano il mio forte. Mi sono limitato a guadagnare con la forza un altro quarto di posto nella sua totale indifferenza, ma per il momento poteva bastare.
Buonanotte
segue
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