sabato 13 febbraio 2010

diario londinese

Affido ai viaggi una funzione scaramantica. Questo faceva da cuscinetto tra l'offerta di assumere la direzione tecnica di un grande teatro cittadino e il tempo che io e il bretone ci siamo presi per valutare. E' già successa una cosa simile per il viaggio in India, allora  era il lirico e andò bene. Prospettiva interessante per il rientro e condizione balsamica per la partenza. 
Con la bussola orientata a nord  ottengo i visti e nullaosta familiari.  Pianificato il lavoro con la band, tre concerti in vista tra cui il primo in assoluto con pubblico pagante, prendo il volo delle tredici da Elmas, Easy Jet Biancarancio. Per abitudine prendo qualcosa in volo, mi da la sensazione di ingraziarmi l'equipaggio, a quell'ora una latina di nastro azzurro fresca, comunque ci stava. Nelle stesse ore il bretone e la sua ciurma stavano smezzandosi due bilici di teatro. Un vago senso colpa viene abortito dall'atterraggio puntuale e senza scosse. Avevo già in mano il biglietto dell'autobus, dopo la birra il secondo approccio con la lingua straniera.  Quattordici pound, diciotto euro, faccio un rapido calcolo mentale, non approdo a niente e me lo sono preso. Non la oister card. In autobus guardando il paesaggio metto in ordine il bagaglio mentale, quello a mano viaggia sicuro e protetto dal vecchio trolley rosso. Sto ancora guardando casette quando la città mi accoglie nella sua grandezza. Prima o poi prenderò una cartina, ci farò dei bei segni rossi. Rimane il fatto che mi piace essere sorpreso dai luoghi e Londra ne ha da sorprendere un vecchio isolano. 
Buonanotte   

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