Lasciare per la prima volta la casa che mi ha sempre ospitato in questa città, mi rende una sensazione contorta che mischia il sapore buono delle cose che conosco ad afrori di spezie più rare. Ci sono stato parecchie volte, da solo, con Anna, Loic, Aldo, è sempre stata un laicissimo tempio di ospitalità anglomediterranea. Detta così sembra uno slogan, in realtà è una roba più importante, ha a che fare con la vita degli ospiti, il destino che si sono scelti. La strada per Kingston si divide il paesaggio tra alberi, case e città. Max indicando davanti a noi mi dice che a cento metri c'è il Tamigi, io annuisco vedendo in quella direzione solo una inesplicabile selva oscura. Svolta a destra, cento metri e Max maledicenzosi per aver dimenticato il talecomando nella Mercedes, scende dalla macchina per digitare il fatidico numero che magicamente ci aprirà le porte di un riservato condominio londinese. Il trolley sembra aver gradito la soffice compagnia degli stracci da cucina nel bagagliaio della Corsa, ma pare ancora più entusiasta di conoscere la nuova casa. "Ti ricordi che divido l'appartamento con una coppia di polacchi?", "certo" dico io mentendo ed entriamo. Saluto un giovanotto di cui capisco subito che non mi basterà una settimana per mandare a memoria il nome, però sembra simpatico. Seguo l'esempio di Max e liberatomi degli stivali, mi godo una civile e piacevole usanza locale.
Buonanotte
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